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Il Premio Adei Wizo compie 25 anni

Aggiornamento: 5 giorni fa

Fonte originale: Riflessi 


Domani a Milano l’assegnazione del premio, che da un quarto di secolo dà voce alla letteratura ebraica


Venticinque anni fa le donne dell’ADEI WIZO hanno avuto un’idea che oggi sembrerebbe folle: un Premio Letterario che facesse conoscere agli italiani la narrativa di argomento ebraico edita nel loro paese. Era l’inizio del 2000, tutti eravamo ancora convinti di essere arrivati alla “fine della storia” e che per completare la convivenza universale bastasse aggiungere un pizzico di conoscenza dell’identità altrui. In Italia sbocciavano tavoli interconfessionali, festival multietnici, concerti kletzmer. Poteva essere nello spirito dei tempi mettere nelle mani degli italiani libri che parlassero non solo della shoah, ma anche delle vicende e della vita quotidiana di Israele. A rendere davvero dirompente l’idea è stato il portarla avanti caparbiamente, sviluppando un vero progetto di educazione civile attraverso i romanzi. Un’utopia razionale che oggi è vista dall’ADEI WIZO persino come necessaria dopo il trauma lacerante del 7 ottobre 2023.


Nel frattempo, il format non è cambiato: il premio è assegnato da un’assemblea popolare di centinaia lettrici che votano una selezione di opere operata da una giuria di qualità, presieduta da Sira Fatucci. Al contempo una giuria di studenti degli istituti superiori di tutta Italia fa lo stesso per i volumi della sezione ragazzi. In passato sono stati coinvolti più di 4000 giovani e c’è chi è pronto a giurare che se anche solo l’1% per cento si è fatto un’idea più precisa di quanto accade intorno a sé, non è stato tempo sprecato.


Arriviamo al presente: mercoledì 7 maggio dalle ore 17 alla Sinagoga Centrale di Milano si tiene la cerimonia di premiazione della XXV edizione di quello che nel frattempo è diventato il Premio Letterario ADEI WIZO Adelina Della Pergola, nome che commemora una storica presidente dell’Associazione. E’ atteso un parterre degno delle celebrazioni di questo quarto di secolo di speranze nel segno della letteratura. Introdotti dalla Presidente nazionale ADEI WIZO Susanna Sciaky, ci saranno l’ospite d’onore Antonio Caprarica, Sergio della Pergola, che con la sorella Mara tiene vivo il ricordo della madre Adelina, Rav Alfonso Arbib, e poi una tavola rotonda moderata dalla giornalista Fiona Diwan con tutti e cinque gli scrittori finalisti di quest’anno: Gaëlle Nohant, vincitrice del Premio con il suo “L’archivio dei destini” (Neri Pozza), Tamar Weiss Gabbay, autrice de “La meteorologa” (Giuntina), Enrico Franceschini, autore di “La Mossa Giusta” (Baldini e Castoldi). Per la Sezione Ragazzi è presente Raffaele Genah, vincitore con “Notturno libico” (Solferino) e Raffaella Romagnolo, autrice di “Aggiustare l’universo” (Mondadori). Collegato da Israele sarà presente anche Eshkol Nevo che con Legami (Feltrinelli) ha ottenuto la Menzione Speciale della Giuria.


Sono gli ultimi iscritti in un albo d’oro che comincia con “Il mio nome a memoria” di Giorgio Van Straten, vincitore del 2000. Ma pensando agli oltre 100 libri presi in considerazione in 25 anni di Premio viene da chiedersi se non possono costruire una “mappa” del modo in cui è cambiato il nostro confronto con la memoria. O quanto siamo cambiati noi nel recepirla. Ne abbiamo parlato con i due vincitori di questa edizione.


Il romanzo di Gaëlle Nohant nasce dopo aver conosciuto e approfondito il lavoro degli Archivi Arolsen e la missione “Stolen Memory” che ha il compito ai discendenti dei campi di sterminio gli aggetti dei loro cari. “Un meraviglioso tramite per parlare di come si trasmette la storia e farlo al presente” spiega l’autrice che per il libro si è sottoposta ad un’enorme ricerca documentaria di tre anni, diventando quasi lo specchio dell’archivista protagonista del libro. “Credo che un romanziere abbia grandi responsabilità, – continua Nohant – soprattutto quando affronta la Storia, e le storie. Penso costantemente a chi ha vissuto tutto questo, ai loro discendenti, agli Archivi Arolsen che si sforzano di restituire a ogni vittima la propria storia e l’unicità della propria persecuzione”. Nohant vive il compito come qualcosa di personale: “Mia nonna materna aveva 13 anni all’inizio della guerra, ed è rimasta segnata per tutta la vita da certe esperienze come vedere gli ebrei con la stella, relegati nell’ultimo vagone della metropolitana, o le prime foto del campo di Auschwitz. Me ne ha parlato molto presto, mi ha sensibilizzata fin da bambina a tutte le forme di discriminazione e al fatto che la discriminazione finisce sempre per uccidere. Mi ha insegnato il valore della solidarietà. Ha combattuto per tutta la vita contro le ingiustizie. In questo vedo l’impronta della guerra, ciò che ha cambiato profondamente in lei. Uno dei volontari degli Arolsen, mi ha fatto la sorpresa di scoprire che mio nonno materno aveva un fascicolo da resistente presso gli archivi di Vincennes. Nella mia famiglia, nessuno lo sapeva”.  Il nocciolo del problema, per Nohant, è però proprio il passaggio dal personale al collettivo: fare in modo che questa grande ferita si consolidi in un qualcosa di più resistente e universale.Penso che lo storico Christian Ingrao abbia ragione nel dire che la nostra società rimugina sulla memoria della Shoah e al tempo stesso la dimentica. È qualcosa che occupa un posto importante nei programmi scolastici e nello spazio mediatico, per esempio attraverso le commemorazioni, eppure uno studio recente mostra che una percentuale preoccupante di giovani non sa nulla della Shoah. O apprende delle falsità. È per questo che ho ritenuto utile scrivere un romanzo “integro”, ancorato a ogni passo nella verità storica. Perché il romanzo è un genere accessibile al grande pubblico, e la forma dell’indagine crea una suspense che spinge i lettori a voltare pagina. E’ un modo per contribuire a una riflessione più ampia sul come mantenere viva questa memoria, senza necessariamente parlare di un “dovere della memoria”, che spesso appare così noioso ai giovani. Serve che questa memoria resti viva, che si imprima in loro e insegni a riconoscere l’antisemitismo e le forme di discriminazione odierne, li renda più lucidi. Che permetta a loro di comprendere, al di là delle cifre vertiginose, cosa significa tutto questo nella vita di una persona”.


Quei giovani, chiamati in causa da Nohant, hanno scelto di premiare un romanzo che però parla di un’altra persecuzione: “Notturno Libico” di Raffaele Genah, in cui il giornalista si confronta con una memoria, anche personale, che comincia nella Tripoli del 1967. L’onda della guerra dei sei giorni investe la Libia portando pogrom, detenzioni arbitrare, e una diaspora di 800.000 persone negli anni successivi. Genah spiega che quella memoria, come del resto anche quella del campo fascista di Giado in Libia (in cui sono stati sterminata 562 ebrei italiani), è qualcosa con cui dobbiamo ancora fare i conti.  “Sono stati fatti alcuni tentativi, ma non hanno dato il risultato sperato, le comunità che si sono disperse hanno provato a far passare il ricordo degli avvenimenti ma purtroppo la storia ha dei tempi che non sempre coincidono con quelli voluti”.  Più in generale spiega “La memoria non è istillare un senso di colpa, piuttosto è portare avanti il ricordo dei fatti per far sì che le pagine più orribili della storia non si ripetano. Mi sembra che nel tempo occasioni come la Giornata della Memoria si siano invece trasformate in uno stanco rituale, mentre, invece, avremmo dovuto fare un passo ulteriore, trovando una modalità di rendere più facile l’accesso a una serie di conoscenze, perché purtroppo questa memoria collettiva tende a cancellare l’hard disk e ognuno riscrive sopra come vuole”.


In fondo, è proprio questo l’obbiettivo del Premio Letterario portato avanti senza risparmiarsi da un quarto di secolo: consolidare i ricordi, facendoli diventare le radici di una storia basata su valori condivisi. E per quanto il mondo tenda a dimenticare, potete scommettere che le donne dell’ADEI WIZO continueranno a distribuire libri affinché tra le loro pagine possiamo ricordarci di ciò che siamo.


Sarà possibile assistere alla cerimonia di Premiazione il 7 maggio alle ore 17 alla Sinagoga Centrale di Milano di via della Guastalla (accesso a partire dalle 16.30).  Ingresso è libero previo accredito scrivendo a premioletterario@adeiwizo.org


di Alberto Angelino

(6 maggio 2025)


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