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Edith Ovadia Windwehr



“Sono di famiglia ashkenazita e milanese DOC. L’ADEI WIZO era nel mio destino…”. Comincia così a raccontarsi Edith Ovadia, Presidente della Sezione di Milano dal 1989 al 2001. Oggi tutti ne citano l’intraprendenza e la sua capacità di sviluppare pubbliche relazioni ad altissimo livello per l’Associazione, una dote che ha davvero sviluppato molto presto come rivela parlando della sua giovinezza.


Edith Ovadia in visita ufficiale in Israele,

nello stesso giorno in cui si concludeva

la prima Guerra del Golfo (1991).


Mia madre era socia dell’ADEI WIZO e io ero una bambina di 8 anni che frequentava la Scuola Ebraica di via Eupili e, insieme a un compagno di scuola, siamo stati chiamati a una serata ADEI WIZO per una recita in occasione di Purim. Il secondo contatto è stato nel 1960: ero al penultimo anno di liceo e sono andata a una riunione di ragazzi in un circolo che si chiamava Club 45, ospitato nella sede dell’ADEI WIZO in Foro Bonaparte. Ho incontrato lì mio marito, che ho sposato l’anno successivo”.

C’è voluto però ancora un po’ di tempo prima che Edith Ovadia entrasse ufficialmente in ADEI WIZO.

Avevo più o meno 24 anni quando me lo proposero la prima volta e…rifiutai, mi sembrava di essere troppo giovane. Tre anni dopo Maria Luisa Mayer Modena mi ha pregato di presentarmi alle elezioni per il consiglio di Milano e questa volta ho accettato. Da allora l’ADEI WIZO è stata la mia vita, ho cominciato a conoscere l’Associazione piano piano a fianco di donne meravigliose, la prima delle quali è stata Adelina Della Pergola, poi Jacqueline Sasson di cui sono stata a lungo Vicepresidente, che ho avuto il piacere di accompagnare al Castello Sforzesco alla cerimonia in cui l’ADEI WIZO è stata insignita dell’Attestato di Benemerenza Civica all’Ambrogino d’Oro nel 1977. Sono stata Vicepresidente anche con Lia Hassan e con Ersilia Lopez. Dopodiché è toccato a me: avevo 41 anni ed ero la più giovane Presidente della Sezione di Milano. Sono rimasta in ADEI WIZO per altri 34 anni. Sono l’unica Presidente ad aver svolto 4 mandati: 12 anni di presidenza in tutto.

Dodici anni in cui Edith Ovadia si distingue per l’energia riversata soprattutto nella raccolta fondi: famiglia, amici, collaboratori, tutti sono coinvolti in incontri e serate tra cui ne spicca una molto particolare.


Con Lia Hassan siamo state le ideatrici dell’ADEISSIMA, organizzandola per tantissimi anni. Le prime due edizioni sono “andate in scena” all’Hotel Principe di Savoia e siccome mia figlia lavora per una importante agenzia di moda, abbiamo creato un evento con modelli e indossatrici. Ricordo che erano venuti tantissimi amici come Alberto Alemagna e i Peruzzo, fu una cosa bellissima, poi passammo al Teatro Nuovo. Da Israele non mancavano mai di venire ospiti importanti. Ricordo che in una edizione in cui si esibiva Renato Rascel, entrò Giovanni Spadolini, allora Presidente del Senato, si accesero le luci in sala e la gente si alzò in piedi ad applaudirlo; Rascel se ne ebbe male”.

E poi c’erano i tornei: – continua Edith Ovadia - burraco, bridge, gin, o grosse lotterie in grandi alberghi di Milano o al Golf Club di Monticello. Partecipavano da tutta Italia. Raccoglievamo importanti donazioni, spesso non solo per l’ADEI, ma anche per altre associazioni ebraiche o del volontariato milanese, li chiamavano “Tornei dell’Amicizia”. Per tre anni di fila, grazie alla generosità di un’agenzia di viaggi, abbiamo potuto mettere in palio una settimana ‘tutto compreso’ a Mauritius o alle Seychelles. Avevamo una ristorazione di altissima qualità e tantissimi sponsor. L’ultimo torneo che abbiamo organizzato a Monticello ha richiamato ben 100 coppie”.

Un’organizzazione che non si fermava nemmeno in vacanza.

D’estate nella casa al mare, invece, mi dedicavo a fare marmellate e conserve. Una volta ne preparai talmente tante che vennero a prenderle con un furgone e l’autista mi chiese se mi stessi preparando per un assedio…ma erano tutte da vendere per beneficienza! E poi c’è stato il ‘trip’ delle borsette. Avevo comprato due vecchie macchinette per cucire, la signora Berger mi regalava i tessuti e con queste facevamo delle borse. Il primo anno ne abbiamo vendute 160. Infine avevamo creato dei gruppi di studio. Diverse persone davano a disposizione la propria casa e gli invitati devolvevano un piccolo contributo per passare una serata con ospiti illustri del mondo ebraico o della cultura italiana”.


Un impegno formidabile che Edith motiva con una passione altrettanto formidabile

Alla base di tutto c’è l’amore per Israele- dichiara - è una nazione che ha sempre bisogno del nostro aiuto per mantenere la pace e fare tutte le straordinarie cose che si vedono in questa terra. La prima volta che ci sono andata è stata in occasione di Pesach, con mia madre e una sua amica, avevo 8 anni. Fin da subito ho sentito un legame fortissimo, lo stesso che mi trasmetteva da sempre la mia famiglia. Israele ci sembrava davvero la Terra Promessa, dove finalmente potevamo posare la nostra valigia. Poi, già nell’ADEI, ricordo di aver visitato un villaggio WIZO vicino al Negev insieme a Riri Fiano, Zita Arditi, Lia Hassan, che allora erano come delle madri per me; era stato costruito anche grazie ai contributi inviati dall’Italia, è stato molto emozionante. Sono italiana, ma mi sento anche profondamente ebrea e sionista”.


Un lavoro che le è valso un riconoscimento speciale: “In una edizione dell’Adeissima, la attuale Presidente Nazionale Susanna Sciaky (allora Presidente di Milano) mi ha premiata con la spilla di diamanti, dicendo che io ho preparato il solco a tutte le ‘Adeine’. E pensare che la prima spilla d’oro l’avevo presa giovanissima, a 37 anni, tanto che allora mi chiamavano spillina”.


Infine, Edith Ovadia dà uno sguardo al futuro e regala un aneddoto che evidenzia come l’impegno in prima persona delle presidenti di sezione o di chi ha incarichi di responsabilità, abbia un peso considerevole per l’immagine dell’Associazione, per espandere la rete dei contatti e per dare un esempio. Un ruolo che ieri come oggi non si può demandare. “Ho dedicato tutta la mia vita all’ADEI. Oggi vedo meno stimoli nei giovani e meno tempo libero da dedicare all’Associazione. Molto del lavoro che facevamo noi richiedeva tantissimo impegno e oggi viene considerato antico. Eppure funzionava: con Goti Bauer eravamo solite dividerci le telefonate per le raccolte fondi: mentre io sentivo i contatti abituali, lei chiamava solo quelli che non ci conoscevano. Ci voleva coraggio, ma alla fine era lei che riusciva ad ottenere più risultati”.


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