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Bisogna far rumore

Aggiornamento: 29 nov 2023

Dal Desk della Presidente


Pian piano, dopo che lo shock per la mattanza del 7 ottobre ci ha svuotato, i nostri sentimenti provano a ritrovare una loro naturale dimensione. Il dolore resta appoggiato al cuore, ma la mente comincia di nuovo a reagire. Si ricava un angolo per le speranze, in particolare, mentre scrivo, quelle legate alla possibilità che parte degli ostaggi possa essere rilasciata; purtroppo però le considerazioni amare sono sempre quelle su cui il pensiero sembra soffermarsi di più.

Mi accorgo in questo di non essere sola: sento in molte persone attorno a me lo stesso desiderio di fissare dei punti che definiscano qual è stato ed è il nostro rapporto con la società civile con chi ci circonda, in questo difficile momento. È un compito doloroso, perché significa riflettere su un mondo che nella migliore delle ipotesi sembra non capirci, o gira la testa dall’altra parte, apparentemente distratto. Oppure, ci è decisamente ostile. Misurarci con esso significa affrontare il desiderio di isolarsi, di tagliare i ponti, magari con chi si è eclissato proprio quando ci aspettavamo solidarietà e amicizia.

Alcune di queste riflessioni riprendono tristemente altri orrori di questi giorni. Come tanti ho apprezzato le parole di Elena Cecchettin nel ricordo della sorella Giulia, vittima dell’ennesimo femminicidio: non un minuto di silenzio, ma fate rumore. Non posso fare a meno di pensare al rumore che in questo momento devono fare le donne ebree. Vivere a capo chino e in silenzio il nostro dolore evidentemente non è bastato per attirare l’attenzione sul dramma vissuto, e che ancora oggi stanno vivendo, altre donne ebree: uccise, stuprate, sequestrate. Nella recente giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e, come appare ormai evidente, anche nella prossima giornata del 25 novembre, tace la voce che col suo silenzio fa dimenticare i nostri bambini e le nostre donne dalla quasi totalità delle manifestazioni e dei discorsi di istituzioni, organizzazioni umanitarie, dei movimenti femministi e femminili e celebrities. Ecco l’amnesia del mondo scendere sulle 1500 vittime del 7 ottobre e i 238 ostaggi a Gaza.

È arrivato il momento di chiedere a tutte le associazioni sempre sul campo per i diritti delle donne e dei minori PERCHÉ i nostri bambini e le nostre donne uccisi, brutalizzati e rapiti, NON HANNO AVUTO VOCE. Perché non abbiamo visto per loro le più che legittime mobilitazioni in Italia e nel mondo che in passato sono state fatte, ad esempio, per la Nigeria o per le donne Iraniane anche da noi sottoscritte o a cui anche noi abbiamo preso parte?

Vorrei chiedere loro: c’è un distinguo? E il numero? 30 bambini ebrei prigionieri in un sotterraneo, e chissà in quali mani, sono troppo pochi rispetto ai bambini vittime innocenti della guerra? Oppure c’è altro? Perché tutta questa INDIFFERENZA fa pensare che le nostre donne e i nostri bambini valgano di meno in quanto ebrei. Perché è proprio di questo che stiamo parlando: esseri umani barbaramente uccisi o strappati alle loro famiglie esclusivamente perché erano ebrei. Vi ricorda qualcosa? E se c’è un insegnamento che ci è arrivato dalla Shoah è questo: se è capitato a me perché ho un determinato cognome, un passaporto di una specifica nazione o, professo una certa fede, allora domani può capitare a chiunque. Di fronte al razzismo nessuno è al sicuro e l’intero mondo dovrebbe mobilitarsi nel nome di chi ha subito questa terribile ingiustizia.

Per cui vi invito ad avere coraggio, sollevare la testa e chiederlo a chi vi volta le spalle, o a chi fa finta di niente o a chi ancora dopo i primi giorni del clamore passa oltre: dove siete oggi? E dove sono i vostri valori? Si fermano davanti all’uscio delle nostre case. Ricordiamo loro che o valgono i diritti di tutti i bambini o di nessun bambino. O valgono i diritti di tutte le donne o di nessuna donna.

Questa mia riflessione è condivisa anche dalla WIZO, impegnata in questi giorni a scrivere alle associazioni femminili mondiali, sollecitando risposte al silenzio. Ed anche l’ADEI WIZO è coinvolta con le sue Sezioni che organizzano iniziative di ogni genere in cui si ricordano i nostri caduti, i nostri rapiti e i nostri diritti che sono i diritti di tutti.

Voglio però concludere con una nota di speranza. Mi consola vedere quanto oggi il mondo ebraico sia unito nella solidarietà. I bambini della Scuola Ebraica di Milano stanno facendo mercatini il cui ricavato sarà destinato ai bambini e i ragazzi della WIZO. In tanti si sono mobilitati, c’è un afflato e una corsa a fare le cose insieme che non si vedeva da moltissimo tempo. E questo è il momento di fare rumore.


Susanna Sciaky, Presidente Nazionale ADEI WIZO





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