Dal Desk della Presidente
“La libertà di una società si misura dalla libertà delle donne”. Ogni riflessione sulla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne dovrebbe cominciare da qui: da queste parole pronunciate dalla Presidente World WIZO Anat Vidor, la scorsa settimana, all’ECWF (European Council Of Wizo Federations) di Helsinki.
Certo, la violenza sulle donne è un fenomeno che può assumere aspetti molto differenti a seconda dei luoghi dove si manifesta. Ma, spesso, sono proprio le donne a dimenticarsi di come, in questo momento, la battaglia per i loro diritti passi anche attraverso la faglia di un mondo diviso. Siamo ormai purtroppo sicure che, per il secondo anno, le associazioni femministe italiane e internazionali dimenticheranno colpevolmente di citare le donne ancora nelle mani dei terroristi di Hamas. Dodici o tredici persone (i numeri sono discordanti, la situazione confusa tra i morti accertati e i nomi per cui c’è ancora speranza), bambine, ragazze, anziane, a cui dedichiamo una costante preghiera perché vengano rilasciate, mentre il nostro pensiero straziato va alle sofferenze indicibili dei loro 416 giorni di prigionia. Dal resto del mondo, invece, arriva ancora una volta il silenzio, né ci saranno parole di solidarietà sulle donne stuprate e uccise nell’attacco del 7 ottobre. Basta guardare i cortei e le manifestazioni ove si preferisce sventolare bandiere di organizzazioni e stati del Medio Oriente che invece non si sono mai minimamente preoccupati dell’emancipazione femminile, anzi, in cui le donne stanno soffrendo orrendamente, anche per la guerra che lo stesso terrorismo ha scatenato.
Questa amnesia selettiva dimentica, allo stesso modo, che in Israele esiste un’organizzazione come la WIZO che ha creato case protette per le donne e i loro figli che non possono più vivere con un uomo violento, offrendo loro assistenza, un lavoro e un’altra vita. Un’organizzazione che si batte a livello legislativo per la parità delle donne nel mondo del lavoro e in ogni settore.
Oggi chi sta aggredendo Israele lo fa soprattutto perchè il suo Popolo rappresenta un modello di società pluralista, aperta e tollerante, in un’area dove vorrebbero che regnasse l’oscurantismo e la negazione dei diritti civili. Il lavoro della WIZO è un aspetto importante di una società che i nemici di questo Paese vogliono sconfiggere ed è paradossale che il mondo non capisca che difendere Israele, significa difendere valori duramente conquistati, tra cui il principio che ogni persona debba avere la stessa dignità e le stesse opportunità a prescindere dal suo sesso.
Sarebbe bene ricordare che tra i tanti fronti con cui Israele è in guerra, c’è l’Iran. Una nazione dove ci sono donne coraggiose capaci di opporsi a un regime totalitario che le vorrebbe lontane dalle scuole e da ogni aspetto della vita pubblica. Donne che hanno pagato con la vita o con il carcere il loro opporsi a tutto questo, capaci di gesti di protesta clamorosi compiuti consapevolmente in nome della loro libertà. E, più in là, c’è l’Afghanistan, dove questo progetto di regressione si è compiuto completamente. Lì, dopo tre anni dal ritorno dei talebani, ogni aspetto della vita delle donne a ogni età è limitato: l’istruzione, l’occupazione, l’abbigliamento, ma anche l’accesso al sistema giudiziario e i viaggi fuori casa. L’ultimo editto prevede anche il divieto, per le donne, di cantare, recitare o leggere ad alta voce e persino parlare in pubblico. Sono oggetti.
Israele, come tutte le democrazie, non è un Paese perfetto e non lo è proprio perché sono solo i regimi autocratici a reputarsi tali. Ma non sarebbe mai nemmeno potuto nascere, crescere ed esistere oggi senza il contributo essenziale delle donne. La fondazione della WIZO precede di 30 anni la sua indipendenza ed è la testimonianza di quanto le donne abbiano deciso di essere parte attiva in questo percorso. Israele ha avuto una grande donna Premier, donne Premi Nobel e oggi le donne sono una parte fondamentale di ogni aspetto della società civile, dalla politica alle forze chiamate a difenderlo. Come per molte democrazie dell’occidente il cammino verso la parità delle opportunità è ancora lungo, il femminicidio è una piaga che non ha attenuanti in nessuna realtà e che deve essere estirpata partendo proprio dal riconoscere e combattere i danni fatti da un atteggiamento patriarcale degli uomini.
Noi, però, abbiamo esperienza e purtroppo, ogni giorno, in quanto ebree, proviamo sulla nostra pelle il meccanismo con cui si instaurano i pregiudizi. Ma questo non ci esenta dal trovare la forza per combattere una duplice battaglia per sconfiggere anche quegli atteggiamenti mentali sessisti che portano invariabilmente a mettere le donne in una condizione di inferiorità e a diventare potenziali vittime.
Una battaglia che diventa ogni giorno più impegnativa perché in questo contesto di antisionismo imperante, la nostra voce e la nostra esperienza viene sempre più sommersa da quella dell’odio. Ma invece dovremmo riflettere su una domanda che ci siamo poste anche a Helsinki. Guardate con attenzione una mappa del mondo, considerate i conflitti che lo attraversano e le nazioni che ne sono coinvolte … immaginate ora un pianeta in cui ogni nazione si preoccupi del benessere delle donne, della loro emancipazione, dei loro diritti e, aggiungo, non solo di quelli delle donne, ma anche delle persone LGBTQIA ++ e di ogni aspetto di una convivenza inclusiva e giusta.
Pensate che sarebbe ancora un mondo in guerra?
Susanna Sciaky, Presidente Nazionale Adei WIZO
Non dimentichiamo tutte le donne e gli uomini uccisi e torturati nel pogrom del 7 novembre dalla furia brutale di Hamas, rapiti dai terroristi e caduti in questa guerra. Ma oggi il nostro pensiero va alle donne che risultano ancora scomparse da quel giorno, portate vie dai loro cari e chiuse nell’oscurità. Confidiamo che presto possano tornare nelle loro case.
Liri Albag, Karina Ariev, Agam Berger, Shiri Bibas, Daniella Gilboa, Romi Gonen, Tamar Gutman, Judi Weinstein Haggai, Inbar Hayman, Ofra Keidar, Naama Levi, Doron Steinbrecher.