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Qualcuno non ha pensato ai bambini

Aggiornamento: 30 giu 2023

Dal Desk della Presidente



Guardando le terribili immagini del naufragio del barcone sulle coste calabre, non si può non provare una particolare stretta al cuore di fronte a quelle bare bianche: sono già 5 quelle allineate al palazzetto di Crotone, ma si parla di almeno 14 bambini periti nella tragedia. Tra loro c’è anche KR46m0: KR sta per Crotone 46 perché la quarantaseiesima vittima, m indica maschio zero è l'età. Un neonato che poteva diventare chiunque, ma la cui esistenza è finita per essere rappresentata solo da un insieme di lettere e numeri.

Nella mia mente questa immagine si collega al ricordo di una serata di Adeissima del 2013 che divenne l’occasione anche per commemorare gli oltre 360 morti della strage di Lampedusa avvenuta poco prima. Tra questi, 60 erano minori.

Sono passati dieci anni ed è causa di profonda amarezza scoprire quanto poco sia cambiato. Ci sono ancora bambini di cui non conosceremo il nome, ma di cui conosciamo la stessa identica tragica storia: essere fuggiti da un inferno per raggiungerne un altro altrettanto orribile, mentre quello che cercavano era solo la speranza. Faccio parte di un’organizzazione che ogni giorno si occupa di dare sicurezza, affetto ed educazione a tanti bambini , senza preoccuparsi della loro provenienza quando si tratta di dar loro una seconda possibilità di vita. Noi adulti possiamo essere incoerenti e litigiosi fino alla stupidità, ma loro non si meritano le nostre colpe. Loro, chiunque siano e ovunque si trovino, hanno diritto di credere nella miglior vita possibile.

Quindi la domanda è: perché chi vuole un futuro per i propri figli, fuggendo da luoghi dove un futuro non esiste, si affida al mare e a persone prive di scrupoli? Da madre, l’unica risposta che mi sento di dare è: disperazione. Erano famiglie che si lasciavano alle spalle guerre e regimi totalitari che ogni giorno siamo pronti a condannare. Dove si è interrotta la nostra solidarietà perché arrivassero a una scelta simile? Per loro, molto prima dei soccorsi in mare, ci sarebbero dovuti essere aerei con le insegne delle nostre “civili” nazioni europee per portarli in luoghi accoglienti e sicuri. E invece sono entrati nelle statistiche di una strage nel Mediterraneo che per numeri non ha nulla da invidiare alla guerra in Ucraina. E questo, temo, rimarranno una volta finita l’emozione: solo statistiche, un numero progressivo su un registro. Così, noi abitanti della civile Europa, pronti a scagliare la frase “qualcuno pensi ai bambini”, potremo ancora una volta dimenticarci che a loro non siamo stati capaci di pensare.



Susanna Sciaky, Presidente Nazionale ADEI WIZO

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